La sfida per sconfiggere la fame e l’obesità si basa su tre pilastri: più bio, meno carne, meno spreco. Lorenzo Ciccarese, di Ispra, spiega i vantaggi dei sistemi agricoli differenziati.
Oggi è la Giornata mondiale dell’alimentazione. Sappiamo che, contro il buon senso ambientale, per i ritardi culturali che hanno impedito e ancora impediscono la possibilità di scegliere liberamente il numero dei figli, non riusciremo a fermare la corsa demografica prima di superare, attorno a metà secolo, la barriera dei 10 miliardi di esseri umani. Come nutrirli? Calcolando che non solo aumenta la popolazione mondiale ma, per fortuna, diminuisce la percentuale di persone che non possono accedere a livelli adeguati di alimentazione, le Nazioni Unite calcolano che occorrerà una crescita del 50% della produzione alimentare.
Fin qui tutti d’accordo. Ma da questo punto in poi del ragionamento le strade divergono. C’è chi punta tutto su una strategia settoriale: uno sviluppo delle tecnologie che, in laboratorio, offre grandi speranze perché moltiplica le rese e utilizza l’abbinata tra largo uso della chimica di sintesi e ingegneria genetica per fornire prestazioni crescenti. Questa scelta, legata a un forte aumento delle superfici irrigate, è figlia della rivoluzione cosiddetta verde che nel dopoguerra riuscì a moltiplicare il prodotto dei campi alimentando per anni l’illusione di una vittoria della tecnica a spese della natura.